In debito di politica #2

In debito di politica #2

Dunque, débâcle totale.

Abbiamo perso dappertutto. le amministrative parlano chiaro: la sinistra è stata spazzata via.  Débâcle annunciata, e forse anche attesa, vista la totale mancanza di cenni da parte di chiunque potesse fare qualcosa. Inermi, distaccati, scollati. Questo il quadro.

E non penso che due risultati, per quanto eclatanti, e cioè la vittoria nei due municipi romani strappati ai cinque stelle da Caudo e Ciaccheri, possano da soli assorbire l’entusiasmo di tornare a vincere. Da soli non bastano. Di certo però i due risultati romani indicano una strada, sulla quale fondare un ragionamento più strutturato per invertire completamente la tendenza:

Ripensare tutto, linguaggio, idee, persone, organizzazione. Allargare e coinvolgere su un nuovo manifesto.

Le prime dichiarazioni rilasciate da Zingaretti in tal senso sono chiare:

“Dopo le allarmanti difficoltà che abbiamo attraversato e confermate da un grande numero di ballottaggi persi nelle città italiane, non bastano semplici aggiustamenti. Tantomeno bastano povere analisi di circostanza. Un ciclo storico si è chiuso. C’è un lavoro collettivo da realizzare. Deve partire subito e coinvolgere non solo il Pd. È il momento del coraggio, della verità e della responsabilità”.

Bene. Aspettavamo l’annuncio e lo squillo di trombe  non ci trova impreparati.  E’ l’ora della mobilitazione anche in provincia di Frosinone,  e non può essere diversamente alla luce dei risultati dei ballottaggi che hanno riconsegnato Anagni al centrodestra e che hanno visto un PD e una sinistra esalare gli ultimi respiri.

Bene.

Ma prima partiamo da un dato, ufficiale, una fotografia netta, senza sfumature: Le persone che vivono in povertà assoluta in Italia superano i 5 milioni nel 2017. E’ il valore più alto registrato dall’Istat dall’inizio delle serie storiche, nel 2005. Le famiglie in povertà assoluta sono stimate in 1 milione e 778mila e vi vivono 5 milioni e 58 mila individui. L’incidenza della povertà assoluta è del 6,9% per le famiglie (era 6,3% nel 2016) e dell’8,4% per gli individui (da 7,9%). Entrambi i valori sono i più alti della serie storica. Situazione drammatica al Sud, dove 1 abitante su 10 vive in indigenza, e tra i minori: sono 1,2 milioni i bambini e ragazzi in povertà. In aumento anche la povertà relativa, categoria in cui rientra chi vive nelle famiglie (3 milioni 171 mila) che hanno una spesa al di sotto della soglia di 1.085 euro e 22 centesimi al mese per due persone: una condizione che riguarda 1 italiano su 6.

Giusto per restare con i piedi per terra. Giusto per capire di cosa parliamo quando parliamo di Politica.

Poveri. Siamo più poveri e quindi più indifesi. Dobbiamo partire da qui, da questa necessità di protezione e cura. Dobbiamo restare centrati sulle cose. Su questa prospettiva. Solo con questa consapevolezza possiamo tornare ad essere credibili. Solo stando dentro la complessità delle cose, senza cercare scorciatoie, solo così possiamo farcela.

Due tre spunti che riguardano il nostro posizionamento nel quadro generale e in quello particolare

  1. Azzerare tutto. Le corse alla segreteria o le candidature alle prossime tornate non devono avere più priorità di notizia. Al centro della discussione e dell’agenda politica priorità ai temi cruciali del nostro territorio : Ambiente Sviluppo Innovazione Infrastrutture. Non tanto al chilo per fare bella figura all’interrogazione. NO. E’ richiesta agli astanti cognizione di causa. Declinare in punti, definire l’ operatività, predisporre la pianificazione. Senza rimandi a clausole assolutorie. Chi non si attiene è fuori. Perché di qualsiasi forma di organizzazione parleremo, non potrà più esserci posto per i protagonismi fini a se stessi, per quelli che non hanno mai preso una posizione, o che sulla rendita di quelle posizioni ci campano da anni. Così come non potrà esserci posto per gli onanismi mentali tanto cari ai nostalgici e ai benaltristi. Né per misere  corse ad un posto in qualche segreteria. In altre parole, se ci sei ci stai, se ci fai non ci stai.
  2. Ripensare tutto. Bene l’alleanza con i Sindaci, ma ai Sindaci venga richiesta l’assoluta libertà da condizionamenti. Perché se nella corsa amministrativa la loro faccia vale più del brand di un partito, quell’autonomia deve valere a prescindere. E quei Sindaci che vogliono ricostruirsi  una verginità dopo aver per anni messo la museruola al proprio territorio, in virtù di un “non disturbare il manovratore” almeno facciano pubblica ammenda.
  3. Ripensare tutto 2. Altrettanto suggestiva la chiamata in causa delle associazioni, ma sia altrettanto chiaro che le associazioni sono in campo per la costruzione di un linguaggio politico che si fa sostanza politica. Basta la mistificazione di un civismo sano contro una politica insana. Noi dobbiamo  fare POLITICA e questa si fa con tutti coloro che nella Civis si adoperano per un cambiamento di valore.  Perché di questo parliamo quando parliamo di POLITICA: creare valore.
  4. Linguaggi nuovi. Il linguaggio della nostra Politica non deve inseguire le parole. Il linguaggio della nostra Politica deve preformulare le parole. In sostanza non perdiamo solo perché “il vento della destra….” “il fascismo…” “i populismi….” Perdiamo perché ci siamo impigriti e da anni abbiamo perso la capacità di intrepretare la forza maieutica della politica, quella cioè di tirare fuori il meglio dalle persone. E’ stato più facile seguire il piano inclinato delle cose, la deriva dei comportamenti, il deterioramento della rappresentanza, complice un periodo storico pieno di concause (vedi post precedente). Insomma se nella nostra provincia la destra si afferma e conferma il suo appeal, probabilmente la colpa non è solo del fascismo di ritorno, ma perché insieme a quella destra, noi da sinistra,  abbiamo commistionato di tutto…quando addirittura non abbiamo fatto di tutto per sfasciare quello che a sinistra avevamo costruito.
  5. Rappresentanza nuova. Qualsiasi discorso andremo ad avviare, deve avere ben chiara la centralità di una Politica che contenga tra le sue maglie anche gli interessi di una intera provincia, superando il dimensionamento del singolo comune e quel vezzo, tutto tipico di alcuni rappresentanti, di non veicolare con troppa insistenze le priorità generali per  non perdere le proprie.
  6. Rappresentanza al femminile. Sia questa la forza che ci caratterizzi. E non per quote, né per riserve, ma per libertà.
  7. Potere. Riscriviamo il rapporto con questa parola. Il potere è la facoltà di fare qualcosa, non il sostantivo che sancisce una presunta superiorità. Ad esso è intimamente collegata la costruzione del consenso. Anche qui, e soprattutto qui, va ritessuto un intero sistema. Perché altrimenti il cane continuerà a mordersi la coda.
  8. Salvini?!?  I leghisti? Sfidiamolo sul suo stesso terreno. Come per altro ha già fatto Zingaretti ad Ostia, a proposito di beni confiscati. Sfidiamolo sul campo  dei diritti, laddove sono strettamente correlati a qualsiasi schedatura/censimento che si voglia. Sfidiamolo sul tema dell’Europa, laddove Europa sia il luogo dove ridefinire le nostre istanze.
  9. Abbandonare il ghignetto arrogante. Se Di Maio parla di mezz’ora di internet gratis, è inutile sghignazzare, magari quella che sembra una cavolata racchiude il germe di una intuizione (i beneficio del dubbio non si nega a nessuno)…ma passare tre giorni alla ricerca del meme più fico, mi sembra una perdita di tempo che non possiamo permetterci.

Riscriviamo pure un Manifesto. A più mani. Collettivo. Coinvolgente. Inclusivo. Incazzato.  Politico. Vero. Immediato. L’unica risposta alla povertà può darla l’azione e il senso della direzione da prendere. L’unica risposta alla povertà deve darla la Politica non la paura.

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